La rabbia è veramente un’emozione di cui aver paura? Da respingere e annullare?
Immaginate ora questa scena; un bambino di tre anni chiede il suo secondo gelato e alla risposta della mamma: “No, un gelato è sufficiente!”, lui riprende: “Hai ragione mamma, un gelato è sufficiente.”
Quale reazione, pensando a vostro figlio, preferireste?
Analizziamole entrambe.
Nel primo caso siamo di fronte a bambini che sono in grado di affermare i loro desideri ed esprimere i loro bisogni; sicuramente dovranno modulare le modalità di chiedere le cose, ma comunque hanno imparato a chiedere.
Nel secondo caso siamo di fronte a bambini che si adattano alle affermazioni dall’adulto anche quando questo non è richiesto; mi spiego meglio: continuare ad insistere a volere il secondo gelato significa continuare ad affermare il proprio desiderio e quindi la propria esistenza, i propri diritti. Se l’altro rifiuta è un problema suo non del bambino.
I bambini non sempre vogliono vedere soddisfatti i suoi desideri, ma desiderano fortemente che i loro bisogni vengano riconosciuti e le loro emozioni comprese.
È nostro compito trovare strategie per canalizzare la loro rabbia e renderla costruttiva e pertanto disporla al servizio della loro identità.
Inoltre, soddisfare un desiderio prima di lasciar emergere una domanda rischia di impedire al bambino di sentire i suoi bisogni e di vivere “una sana dose” di frustrazione.
Dare “una sana dose” di frustrazione significa dare la possibilità al bambino di imparare che non si può avere “tutto e subito”, ma è necessario attendere per apprezzare il valore delle cose, avere capacità di autocontrollo, riconoscere i bisogni altrui, riflettere, scegliere e valutare ciò che sta accadendo.
E voi cosa ne pensate?
Vi siete trovate di fronte a scene del genere?
Come ne siete venuti fuori?
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